Gli eventi culturali visti dai giovani delle scuole superiori

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Premio von Rezzori / Firenze

I miei giorni al Premio Gregor von Rezzori con…

…Andrés Barbaby Filippo Baldini

Tutto è cominciato lunedì 3/06.
Andrés doveva arrivare alle 17:30 all’aeroporto di Peretola, ma quando ormai mancavano solo 10 minuti mi sono accorto che l’aereo era stato deviato a Pisa. Così ho aspettato altre 2 ore abbondanti e finalmente alle 20:10 l’ho incontrato all’aeroporto. Nonostante la stanchezza Andrés si è mostrato subito affabile e mi ha presentato tutta la troupe che si era portato appresso: suo figlio Roque, la moglie Carmen, la madre e i suoceri. Arrivati in albergo ci siamo salutati, ci siamo dati appuntamento all’indomani per la lectio e  infine ho accompagnato i suoceri e la madre dello scrittore nel loro albergo. Con Andrés e la sua famiglia mi sono trovato da subito a mio agio poiché tutte erano persone molto estroverse e gentili.
Il giorno dopo, a seguito della lectio, gli ho mostrato i luoghi dove poteva mangiare con i voucher. Così ci siamo ritrovati più tardi per la presentazione di Elif (Batuman ndr); lì mentre lo scrittore mangiava al bar della libreria abbiamo chiacchierato a lungo sulle sue esperienze letterarie. Fin da subito dunque si è mostrato interessato a partecipare agli eventi del premio e soprattutto alle presentazioni degli altri libri, dandomi così l’opportunità di arricchirmi e di conoscere direttamente gli altri scrittori.
Mercoledì 5 l’ho accompagnato alla presentazione di Annie (Ernaux ndr) e poi c’è stata la sua. Nel momento del passaggio tra la scrittrice e Andrés, molte persone hanno lasciato la sala e visto dall’esterno non è stato un bella cosa, anche se lo scrittore non ha manifestato apparentemente alcun disappunto. Secondo me sarebbe stato meglio invertire gli interventi per garantire maggior visibilità anche a chi è meno conosciuto.
L’ultimo giorno siamo andati al firma copie in una libreria in Via Gioberti. Questa è stata, a mio parere, una falla nell’organizzazione del premio: infatti entrando nella libreria non abbiamo trovato né un minimo di accoglienza, poiché  le dipendenti non lo hanno nemmeno riconosciuto senza il mio intervento, né di conseguenza l’ambientazione giusta per l’incontro. Data l’ora e data la completa assenza di qualsiasi manifesto pubblicitario gli unici presenti, a parte il sottoscritto, sono state due persone che avevano già partecipato alla presentazione del giorno prima. Dunque dopo una lunga chiacchierata con loro, siamo stati altri 15 minuti a guardare qualche libro e infine ce ne siamo andati. Sulla strada del ritorno Andrés mi ha espresso il suo disappunto riguardo all’organizzazione del firma copie. Per fortuna però portandolo un po’ in giro per la città e mostrandogli particolari nascosti agli occhi dei turisti ho risollevato il suo morale lasciandolo poi all’albergo. Come ultima tappa di questo evento l’ho accompagnato alla premiazione ottenendo numerosi ringraziamenti per il mio impegno in questo premio letterario.
Questa esperienza mi ha permesso di incontrare grandi figure di rilevanza internazionale che mi hanno lasciato molti spunti di riflessione coinvolgendomi in maniera attiva in un mondo che, pur essendo un assiduo lettore, non conoscevo a pieno.

 

…Annie Ernaux by Samuela Faggi

Mercoledì 5 giugno è arrivata Annie Ernaux, l’autrice alla quale avrei fatto da accompagnatrice durante i giorni del Premio von  Rezzori. Martedì sera non riuscivo a prendere sonno dal momento che ero un po’ agitata e continuavo a pensare che non sarei stata all’altezza di farle da accompagnatrice. Durante le ore di scuola del mercoledì l’ansia e la voglia di conoscere l’autrice crescevano sempre di più.

Sono arrivata all’aeroporto e appena l’ho vista mi sono presentata e le ho illustrato gli impegni del giorno. In quel momento avevo il cuore in gola e le mani mi sudavano, ero felice. Annie è stata sin dal primo momento molto carina e gentile con me; durante i giorni del Premio l’ho accompagnata ai vari incontri e ho avuto la possibilità di passare molto tempo con lei.

È stata un’esperienza stupenda; durante la quale ho provato moltissime emozioni, dalla paura di non essere all’altezza alla gioia di essere stata scelta per questo ruolo, poiché non capita tutti i giorni di poter passare molte ore con autori come Annie Ernaux. Ringrazio di cuore coloro che hanno reso possibile questa esperienza ed auguro ad altri miei coetanei di poter provare ciò che io stessa ho provato.

 

… Elif Batumanby Edoardo Passalacqua

Il 3 giugno alle ore 8.55 per la prima volta ho incontrato Elif Batuman.
Inizialmente pensai che fosse una persona impossibile, pensai che non sarei riuscito a parlarle ed entrarci in confidenza. Il mio compito era proprio quello di fare in modo che si sentisse a suo agio, ma io per primo ero in difficoltà. Fortunatamente nella sua timidezza riuscì a tranquillizzarmi e riuscimmo a capirci nonostante la sua incomprensione della lingua italiana e la mia goffaggine nell’inglese.
Nei giorni successivi l’ho accompagnata ai vari appuntamenti del premio Gregor von Rezzori ad esempio interviste, firmacopie, lectio magistralis e incontri. Alla fine dei 4 giorni ero sfiancato dai viaggi in autobus, le passeggiate per il centro e il dover rientrare a casa la sera verso mezzanotte per poi svegliarsi alle 6 e andare a scuola, e al contrario Elif, che senza dubbio era più stressata di me, più trascorrevano i giorni più era entusiasta e frenetica. Al firmacopie, dato che era un giovedì e si teneva alle 15, non si è presentato quasi nessuno e forse quello è stato l’unico momento in cui l’ho vista delusa e anche un po’ alterata ma nel giro di un’ora ha ripreso il suo normale umore sorridente e solare. L’ultimo giorno alla premiazione, ero in ansia per lei dal momento che avrebbero premiato il libro vincitore del premio, Elif invece disse che si era scordata che l’evento comprendeva un premio e ancora adesso mi chiedo se me lo disse per scaramanzia o per tranquillizzarmi.

Alba Donati: tra la madre centenaria e la figlia diciottenne.

Sta per iniziare la premiazione per i giovani lettori. La sala di Palazzo Pitti in cui ci troviamo è gremita di studenti, per lo più neo-maggiorenni. Dall’altra parte della sala si trova la giuria, tra le cui componenti Alba Donati, poetessa e organizzatrice, si nasconde quasi. Guardo l’orologio; sono le 15:50 del 4 giugno, mi rimangono dieci minuti per chiedere un’intervista prima che l’evento inizi. Mi avvicino e le domando se può rispondere a qualche domanda. Lei mi scruta e risponde con un semplice “sì”. Probabilmente non si sente molto a suo agio, data la brevità delle sue risposte. Siamo in due allora, è la mia prima intervista.

Comincio chiedendole se abbia letto uno dei libri. Lei ammette di avere più che altro letto le recensioni dei partecipanti. Le chiedo comunque quale fra i libri la ispiri di più. Il suo verdetto è rapido e sicuro: “Una donna” di Annie Ernaux. Questo poiché fra tutte le storie questa le è sembrata l’unica veramente vissuta. Le chiedo se dunque anche in quanto poetessa preferisca descrivere avvenimenti vissuti in prima persona. Alla definizione di poetessa Alba sorride borbottando che questo è il nome con il quale la chiamano, e che certamente lei preferisce trattare di ciò. Inoltre il libro le ha ricordato molto il rapporto complesso che ha e che ha avuto con la madre. Alla domanda di esplicitare meglio questo concetto racconta di come fosse difficile da giovane la relazione con la madre, che a lei pareva essere vissuta due secoli prima a causa delle costrizioni che le dava durante l’adolescenza. Ma l’espressione serena che assume pensando alla figura materna lascia presupporre che le due si siano riconciliate. Infatti subito dopo ci fa sapere di essere stata colpita dal tema della morte presente nel libro, dal momento che la madre ha ormai cento anni. Ci ritroviamo allora a parlare della figlia, con la quale sostiene di avere un rapporto molto diverso. Infatti ha tentato di lasciarla più libera rispetto a come era stata lei. “Anche se gli psicologi lo sconsigliano – aggiunge – il nostro rapporto è quasi come quello di due amiche”. Le due hanno avuto una breve crisi, ma ormai la ragazza ha 18 anni e il peggio è passato. A questo punto la premiazione deve iniziare, facciamo appena in tempo a scattarci una foto che Alba si allontana nuovamente.

Isabella Di Nolfo: pensando alle nuove generazioni

Intervista dell’8 giugno a Isabella di Nolfo, giornalista e ideatrice del Giornale dei Ragazzi

Cosa l’ha spinta a lavorare con i ragazzi, e di conseguenza a creare il progetto de ‘Il Giornale dei Ragazzi’?

A lavorare con i ragazzi mi ha spinto innanzitutto una grande passione per il mio lavoro. Io lavoro da tanti anni nei libri, nella cultura e con gli editori; so che l’Italia è un paese che fa fatica, perché tutti scrivono e pochi leggono, e per cercare di risolvere questo problema partendo dall’inizio bisogna lavorare con i ragazzi. Quando ho iniziato a lavorare con voi, l’ho fatto perché mi piaceva il vostro entusiasmo, la “purezza” dei vostri interessi, e soprattutto mi piace vedere che una persona pianta un seme e questo germoglia, e l’età in cui farlo, per quanto riguarda cultura e libri, è la vostra, terza e quarta liceo. Perché come dicevo oggi ai vostri compagni, in prima e in seconda siete impegnati a fare il salto, a diventare adulti e rinnovarvi come persone, in quinta giustamente avete l’esame di maturità in testa, mentre in terza e in quarta siete più sensibili, più recettivi, ciascuno di voi ha un germoglio interiore che si vede, basta gettare dei semi e ciascuno trova la sua strada. Infatti questa vostra esperienza me lo ha mostrato ancora di più, perché vi ho visto molto scettici all’inizio e poi un bel gruppone di dieci, quindici si è invece appassionato all’iniziativa.

A che età ha avuto l’“illuminazione” di diventare giornalista?

In realtà non sono diventata subito giornalista, io sono diventata prima ufficio stampa, che è un altro mestiere, è l’altra faccia della medaglia, è la persona che fa da tramite con i giornalisti, è presente in tutti i mestieri ma è particolarmente bello nel campo della cultura, perché sei la persona che da un autore, da un libro o da una casa editrice cerca di tirare fuori il senso, lo trasmette ai giornalisti che poi lo trasmettono, a loro volta, ai lettori. È la figura intermedia, per farlo al meglio ho deciso di sostenere un esame, e di iscrivermi all’ordine dei giornalisti, perché così sono alla pari con i miei colleghi, anche se in teoria non c’è nessuna legge che ti obbliga, se non nella pubblica amministrazione. Ho sempre avuto l’idea di lavorare nella cultura. Sono una persona estroversa e mi piace chiacchierare con la gente, perciò avrei voluto fare un lavoro di contatto con le persone, e poi perché mi piacciono i libri, le mostre e la musica. Non avevo ben chiaro che lavoro fare, per esempio l’ufficio stampa è un lavoro che in pochi conoscono, è un lavoro dietro le quinte e in tantissimi mi chiedono cosa sia, cosa significhi e si scopre solamente facendolo. A me è capitato per caso, perché una piccola casa editrice di Firenze, la Nardini, cercava un ufficio stampa, io ho preso contatto e da lì siamo cresciuti insieme, visto che non lo avevano mai avuto. Da lì è cominciata la mia carriera prima in Giunti, poi in Mondadori e in Electa.

La sua carriera ha inizio a Firenze, per poi spostarsi a Milano, sede delle grandi case editrici, giusto?

Esatto. In realtà avevo fatto un’incursione in un altro campo più imprenditoriale, quello del manager, e dopo un anno, anche meno, ho capito subito che non sarebbe stato il mio lavoro. Bisogna assolutamente fare le prove, così poi si scopre cosa si vuole fare veramente.

Cosa l’ha spinta a tornare a Firenze per collaborare con il premio G. von Rezzori?

Il premio von Rezzori lo conosco da tanti anni, è un premio che va avanti da dieci anni e alla seconda edizione avevo già collaborato con la Davis e Franceschini per fare l’ufficio stampa, lo seguo da tantissimi anni, conosco la Baronessa, spesso conosco gli scrittori, e quasi tutti i giurati, anche se ogni tanto cambiano, è un’iniziativa che seguo anche perché è a livello altissimo. Questo progetto de Il Giornale dei Ragazzi è iniziato a Milano, dove c’è una grandissima manifestazione che si chiama Books city, che coinvolge tutta la città per quattro giorni e gli eventi che ruotano intorno ai libri sono quasi mille. Ogni luogo della città, ogni palazzo, le scuole, le librerie e i monumenti storici sono invasi da scrittori e da presentazioni di libri o comunque discorsi intorno ad essi.  Mi era venuta l’idea di coinvolgere i ragazzi, rendendoli proprio protagonisti, e la cosa ha avuto subito tantissimo successo, i ragazzi di Milano fanno delle scelte, visto che ci sono centinaia di eventi da coprire, e quella è la cosa più interessante, vedere proprio cosa piace a voi, anche perché chi lavora nel settore va ormai avanti con il pilota automatico, e quindi ognuno racconta sempre le stesse cose, gli stessi eventi, invece prendere una classe nuova che magari non conosce il premio e vedere cosa piace loro, è un esperimento anche per i “grandi”. Questa cosa a Milano ha avuto abbastanza successo, è piaciuta a tutti; i ragazzi si sono sempre guadagnati tanti complimenti, tante stime esattamente come voi, di conseguenza Alba Donati, presidente del gabinetto G. P. Vieusseux, mi ha chiamato per chiedermi se potevo fare anche con voi questo progetto. Risposi entusiasta di sì, anche perché Firenze è una delle mie tre città.

Una di queste tre città è Firenze, l’altra è Milano e l’ultima?

L’altra è Padova, dove ho fatto quasi tutto il liceo scientifico. L’ultimo anno lo feci al Castelnuovo di Firenze, che tra l’altro è stato anche traumatico visto che mi ci hanno trasferito i genitori a dicembre, quindi a quinta inoltrata, già ero triste per il fatto che lasciavo i miei compagni di Liceo.

Crede che il premio, nei prossimi anni riuscirà a farsi conoscere ancora di più?

Te pensi che non sia tanto conosciuto?

Per certe cerchie di persone sì, ma non è esteso a tutte.

Hai ragione, per questo hai ragione, e la dimostrazione è data dal pubblico che avete visto, alla Cappella de’ Pazzi c’era tanta gente, stasera ci sarà tanta gente, però agli incontri minori, la risposta del pubblico non è stata tantissima. Non so se dipende dal Comune o da che cosa, perché i giornali, tutti, ne hanno parlato tantissimo; anche sui social se ne è parlato, ciò nonostante, riflettevamo ieri con Alba Donati, la notte bianca è piena di gente e a questo premio con degli scrittori MOLTO più importanti, no. Come mai? È colpa del Comune? No, in parte ha finanziato, sostiene comunque la fondazione Santa Maddalena, ha coinvolto le scuole con il premio dei giovani lettori, che è partito l’anno scorso e coinvolge cento ragazzi, ha reso partecipe le scuole anche con il progetto del giornale, con voi, che comunque siete ventisei. Non so se funzionerebbe, come dicevi te, di fare anche manifesti, guarda un po’ voi, vi siete incuriositi solo quando avete avuto l’opportunità di chiacchierare direttamente con gli autori, quella è stata la molla, perché avete incontrato persone che avevano qualcosa da dire, soprattutto se si è pubblicati in trenta paesi, non si diventa conosciuti in tutto il mondo se davvero non si ha un minimo di spessore. Quando ci sono queste persone tu la senti l’energia che ti passa, ed è quello il momento in cui ti incuriosisci, non solo degli scrittori ma anche di altri.                                                                                                                                                    La molla che fa scattare l’interesse, è l’esperienza. Anche voi avete trovato difficoltà, tra la vostra ricchezza interiori, la vostra curiosità a fare domande e la difficoltà a metterle su un foglio scritto. Quindi incontrare qualcuno che questa difficoltà ha imparato a superarla, e sa usare la parola per comunicare le infinite sfumature di esperienze di vita, è quello che fa scattare il meccanismo.

Ripeterà il prossimo anno l’esperienza all’interno del Premio?

Certo, siete stati bravissimo quindi sì. Sono esperienze che vanno condivise, voi l’avete già fatta e secondo me l’anno prossimo può fare un’altra classe, come è successo a Milano quelli che l’hanno fatta l’anno precedente sono poi tornati lo stesso l’anno successivo. Prima di Milano l’avevo fatto in piccolo anche a Verona, forse con una classe troppo “piccola”, sempre quasi tutti molto scettici all’inizio, non tutti perché la media non è assoluta, e poi tutti, invece, trovate qualcosa che vi illumina, che vi fa scattare. All’inizio molti mi chiedono quanto si debba stare, se si può andare via prima e poi sempre si forma un gruppo di fedelissimi che copre tutto il periodo, molto più a lungo di quanto imponga la scuola, c’è un gruppo che è stato qui dalle nove e mezzo di mattina, siete ancora qui, venite stasera e addirittura venite anche domani, che è un giorno fuori dalla programmazione. Questo qualcosa vuol dire, che vi mettete in gioco, e quando vi mettete in gioco, il gioco si fa più interessante, però se uno non lo fa non diventa interessante. L’idea di darvi un ruolo, che è banale in sé, ho visto che è quello che vi fa superare alcune timidezze, anche perché siete osservati da tutti quindi vi sentite più coinvolti e di conseguenza date del vostro meglio che alla vostra età è sempre moltissimo.

Youness Mattia Loutfi

Dany Laferrière: uomo di grande carisma

Presentazione del libro di Dany Laferrière “Tutto si muove intorno a me”, introduce Simona Fortuna

Il giorno 6 Giugno 2016 si è svolta la presentazione del libro “Tutto si muove intorno a me” di Dany Laferrière, introdotta da Simone Fortuna.

“Il cemento degli edifici più importanti, che non vibra, è quello che crolla prima”. Con questa frase Simone Fortuna apre la presentazione, continua dicendo che il ruolo dello scrittore è di raccontare i fatti, sperando che dietro il libro si pongano interrogativi. Laferrière in base a ciò che viene detto precedentemente, afferma che non sta allo scrittore dire se c’è o meno una causa universale ma spetta al lettore. L’obbiettivo di Laferrière è quello di dare una testimonianza diretta, infatti per lui era importante essere considerato come l’unico a scrivere nel momento esatto del terremoto.

In seguito il nipote chiede a Laferrière di non scrivere il libro, poiché è la generazione del giovane quella più colpita dal terremoto. Laferrière però si sente chiamato in causa, e citando Omero: “Dio manda sventure perché gli scrittori possano scrivere i canti” decide di continuare.

Alla domanda: “perché ha diviso il libro in cosi tanti capitoli?” lo scrittore risponde mettendo sullo stesso piano le esplosioni del terremoto con i capitoli, quindi un’esplosione di capitoli, considerando anche che il terremoto non riguarda solo lo scrittore ma anche tutte le persone coinvolte, da qui tante altre storie quante quelle delle persone. Inoltre “ironizzando”, tende a sottolineare l’ “effervescenza” della città la quale anche se apparentemente morta ancora trema, quindi è viva. La presentazione si conclude con una bellissima considerazione su Haiti da parte di Laferrière. Spiega che in seguito al terremoto il suo rapporto con la madre terra non sarebbe assolutamente potuto cambiare, perché quello rimarrà per sempre, ma non sa se ama Haiti di più o di meno anche perché dopo il verbo amare non si deve aggiungere altro. Amare “di più” o “di meno” non è vero amore.

Inoltre ci tiene a sottolineare che negli anni successivi sono stati destinati ad Haiti miliardi per una ricostruzione “fisica” della città, quando la vera ricostruzione sarebbe dovuta essere quella “umana”, infatti i mass media si sono scordati di quello che è successo alla sua terra.

La città e gli abitanti hanno resistito da soli, nessuno si aspettava o si aspetta soldi dall’esterno.

Cosimo Iacopozzi, Vittoria Cima, Selene Murittu e Youness Mattia Loutfi

Storie di realtà americana

Intervista lampo a Carolina Mischi, una delle vincitrici

Alla fine della cerimonia di premiazione, siamo risusciti, nonostante la ressa, ad intervistare Carolina Mischi, vincitrice del Premio Gregor von Rezzori Giovani Lettori per la recensione di bark, di Lorrie Moore. Alba Donati, presidente del gabinetto Vieusseux, nel conferirle il premio, l’ha elogiata esclamando che la sua recensione era così ben fatta che leggerne un piccolo estratto, come era stato fatto per gli altri vincitori, non le avrebbe per niente reso giustizia.

Dal momento che sei riuscita ad ottenere l’onorificenza di essere ritenuta la migliore recensitrice di questa edizione, quanto ti sei fatta prendere dal libro e cosa ti ha lasciato a livello introspettivo?

CM: All’inizio è stato difficile immergersi nel libro, perché è appunto una raccolta di racconti e non fai in tempo ad immedesimarti in un personaggio che già il racconto è finito, senza una vera conclusione, però poi, rileggendoli, poiché a primo impatto non riuscivo a ricavarne molto, riesci a vederli da una prospettiva diversa e sono riuscita a captare un realismo molto più approfondito: il romanzo rispecchia la realtà americana molto più di quanto ci viene mostrato dai film, che non sono assolutamente realistici. Da una parte, ha un lato ironico, però da un altro è totalmente terrificante. È decisamente controverso.

Come ti sei sentita a vincere?

CM: Beh, innanzitutto, è stato molto imbarazzante, ma alla fine è stato bello ed emozionante. Non me l’aspettavo proprio!

Per concludere, quale elemento di originalità, anche stilistica, può aver distinto la tua recensione dalle altre?

CM: Io non ho letto le altre recensioni, se dovessi dire qualcosa attribuirei la sua originalità al fatto che l’ho scritta di getto, senza rileggerla troppe volte. Una sera mi sono messa lì e mi sono detta che dovevo scrivere la recensione, quindi l’ho fatto. In più mi sono soffermata sulle emozioni che mi ha trasmesso.

Purtroppo non abbiamo potuto intervistare gli altri vincitori perché non li abbiamo reperiti.

Carlotta Baglivi, Federico Balzani, Giulia Di Giorgio

La perdita del pensiero critico

Intervista a Ernesto Ferrero, direttore editoriale del Salone Internazionale del Libro di Torino

In un momento come questo e all’interno della società attuale, nella quale meno si pensa meglio è, ritiene che la promozione della letteratura e della cultura possa essere funzionale a preservare e ad incentivare il pensiero critico?

Questo è proprio il discorso che farò tra poco alla Premiazione in Palazzo Vecchio. Il problema è esattamente questo: mi sembra che viviamo in un’epoca in cui l’esercizio del pensiero critico e in generale della conoscenza non è molto pregiato. Siamo appiattiti in un presente precario, confuso e affannato, prigioniero di se stesso. Anche l’esercizio della memoria, non nostalgica ma critica, funzionale a cavar fuori dal passato elementi che servono alle generazioni di oggi, non è intrapreso neanche nelle scuole. Il passato è tutto messo sullo stesso piano, la Prima Guerra Mondiale così come i Faraoni..questo è uno dei tanti aspetti del problema. La stessa narrativa ci propone dei modelli di intrattenimento, spesso anche molto buoni. Per carità, questo va benissimo, ma come tutte le diete non possiamo solo nutrirci di intrattenimento. È ovvio che la lettura di un certo genere richieda un minimo di fatica, ma poco tempo fa riflettevo che nel campo della nostra corporalità siamo tutti disposti a sforzarci, facendo sacrifici per il nostro fisico, andando in palestra, facendo jogging, fatica che è considerata sana e produttiva. La stessa fatica applicata alla lettura invece no. Ci sono ricerche che dimostrano che la lettura è fondamentale nello sviluppo dei circuiti neuronali dei bambini e nel ritardo del degrado neuronale degli anziani. La lettura dovrebbe essere gestita dal Ministero della Sanità! La cosa curiosa è appunto questo rifiuto di una lettura critica preferendo generi che confermano quello che già sappiamo. Quindi iniziative come questa vanno nella direzione giusta, ma purtroppo non bastano. Noi, al Salone Internazionale del Libro di Torino, abbiamo investito molto sui bambini. C’è un bellissimo progetto che si chiama “Nati per leggere” che mette insieme bibliotecari e pediatri proprio per incentivare le famiglie e dire “Leggete ai vostri figli!”. Per quanto riguarda i genitori siamo sempre intorno al problema “Chi educherà gli educatori?”. Chi educherà i genitori ad essere genitori consapevoli che non possono cavarsela solo regalando telefonini e dando una paghetta? Poi ci lamentiamo se i ragazzi, non tutti ovviamente, sono quello che sono.. certo, se non investiamo niente su di loro!

Lei è Direttore editoriale del Salone Internazionale del Libro di Torino dal 1998: in questi anni ha potuto notare cambiamenti nella risposta del pubblico, in particolare nel periodo di crisi economica?

Come succede spesso in situazioni storiche come quella che stiamo vivendo si è creata una forbice: da una parte c’è un’elite sempre più preparata e avvertita, dall’altra c’è una massa brancolante nel nulla. A Torino c’è invece una specie di mistero gaudioso perché ogni anno noi registriamo un numero incredibile di affluenze, come duecentosettantamila passaggi, un pubblico di una competenza e di una sensibilità pazzesche! Le cito l’ultimo caso: il lunedì pomeriggio di quest’anno erano presenti trecentocinquanta persone ad ascoltare una lezione sulla matematica degli Arabi. Il paradosso italiano è che i lettori “forti” italiani sono più forti dei lettori “forti” degli altri paesi. Bisogna allargare questo cerchio di eventi perchè il pubblico risponde, ma manca un segnale forte dal paese.

Secondo lei quale innovazioni si potrebbero applicare al Premio Gregor Von Rezzori, che già è molto prestigioso, per renderlo ancor più conosciuto e partecipato?

Quello che ha fatto quest’anno, cioè coinvolgere i giovani. E per fare questo la giuria deve stare attenta a scegliere dei libri che siano capaci di coinvolgere ed interessare. È un discorso difficile da fare perchè si tratta di unire la sensibilità di chi sceglie e la sensibilità dei ragazzi, che la maggior parte delle volte è molto diversa, come è ovvio che sia. A proposito di questo c’è molto da riflettere.

Giulia Cozzi

I giovani: attori nel mondo della letteratura

Brevissima intervista al sindaco di Firenze, Dario Nardella, presente alla cerimonia di premiazione del X Festival degli Scrittori-Premio Gregor von Rezzori

Cosa pensa delle due iniziative volte al coinvolgimento dei ragazzi nell’ambito del premio Gregor von Rezzori e della letteratura straniera contemporanea?

Trovo che entrambe le iniziative siano molto interessanti, ma soprattutto utili. Il coinvolgimento dei ragazzi in questo contesto internazionale è un modo per permettere loro di confrontarsi con i grandi autori, di conoscerli, di amarli e ovviamente di misurarsi ad un livello più sofisticato. In questo modo i giovani non si limitano ad essere spettatori passivi, ma bensì assumono il ruolo di attori in un progetto che si rivolge specialmente alle nuove generazioni. Il coinvolgimento delle scuole e dei licei fiorentini permette infatti di invitare un numero di ragazzi sempre maggiore alla lettura. Credo che proprio la lettura sia l’esercizio più affascinante che si possa praticare ad ogni età, a cominciare da quando si è piccoli.

In vista della prossima edizione del premio, il comune ha già pensato a nuove iniziative che potrebbero permettere di estendere la visibilità dell’evento all’interno della città di Firenze?

Sicuramente ci sono moltissimi aspetti che saranno oggetto di miglioramento. Prima di tutto ci impegneremo affinché la partecipazione a questo evento possa coinvolgere molte più scuole. Cercheremo inoltre di invitare una fascia sempre più vasta di popolazione a prendere parte a incontri culturali e letterari come il “Festival degli Scrittori”. Uno dei nostri obiettivi più grandi è quello di permettere al premio von Rezzori di diventare un’occasione “popolare” per i cittadini di Firenze, evitando dunque che rimanga un evento di nicchia, destinato solamente ad un’élite di lettori colti.

Elena Gensini e Youness Mattia Loutfi
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