Tutti i nostri nomi raccontato dai recensori del Liceo Capponi
In questo mattino di Giugno, il giorno del canto del cigno del ‘Premio von Rezzori’, abbiamo avuto un’amabile conversazione con delle ragazze del Liceo Capponi, che sono state selezionate per recensire il libro Tutti i nostri nomi di Dinaw Mengestu. Il romanzo è un abilissimo intreccio tra due storie, inconciliabili temporalmente ma inevitabilmente connesse: all’inizio della vicenda, tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70, si vedono due giovani ugandesi – Isaac e Langston- che si battono per il cambiamento nel loro paese, poi, durante la narrazione, abbiamo un’ellissi temporale (finemente inserita tra un capitolo e l’altro, cambiando repentinamente i punti di vista), alla fine della quale ritroviamo Langston che, separandosi dalla causa di Isaac, si è trasferito negli USA ed ha intrapreso una relazione con Helen, narratrice degli eventi.
Questa relazione, che stordisce leggermente per la repentinità con la quale avviene, risulta a tratti vuota –racconta una delle ragazze- tratta di una donna che ha scelto Langston più per paura della solitudine che non per purezza di sentimento. Così Helen si renderà conto che il muro invalicabile formato dai segreti di Langston le rende impossibile continuare ad amarlo come vorrebbe; questo passaggio è stato sottolineato molto dai lettori in quanto, in esso stesso, quasi si riesce a percepire il dolore e l’ansia che traspaiono da questa tormentosa, quanto anche tormentata, relazione. Segno di ineluttabile maestria dell’autore.
Il libro però si presenta ‘sotto mentite spoglie’, perifrasi scelta da una delle recensitrici, la quale ci fa notare che esso si introduce al recensore come una lettura tranquilla, ma è un abisso di temi profondissimi, una nassa che ti cattura e risucchia in un vortice di parole e concetti, intrigante quanto anche spiazzante e sincero. Inoltre, molti dei lettori avevano immaginato che lo scrittore avesse vissuto in prima persona gli eventi narrati, che avesse provato quelle emozioni potentissime e che fosse, in qualche modo, un po’ all’interno di Isaac stesso. Invece, come egli stesso ci ha rivelato durante la conferenza di questa mattina, il romanzo è basato su eventi che egli ha appreso durante la sua straordinaria carriera di giornalista da dei rivoluzionari quindicenni nel Darfur. Ovviamente, si è preso delle licenze poetiche.
Nonostante le tematiche fortemente delicate, lo scrittore (attraverso Langston) “cerca sempre di trovare una tranquillità, anche nel caos” sentenzia una delle ospiti, descrivendo le tipiche azioni del personaggio: egli legge continuamente anche quando la situazione sembra precipitare, o anche solo nei momenti di noia. E così che ‘Dickens’ diventa uno dei numerosi appellativi affibbiati al giovane, data la sua parlata ottocentesca, derivatagli dalla lettura continua di questi romanzi.
Un’altra caratteristica di Mengestu, spiega complimentandosi una delle ragazze, è che “si sa concentrare sugli spetti fondamentali dei personaggi”, nel senso che non si dilunga in inutili e pedanti descrizioni fisiche ma omaggia i singoli personaggi con ampie disgressioni psicologiche, come per esempio nel personaggio di Helen della quale non conosciamo le caratteristiche fisiche, ma di cui certamente conosciamo ogni pensiero.
Unica nota dolente, che come un filo conduttore si è profilata durante tutto il premio, pare essere l’organizzazione del premio ‘Giovani Lettori’ che, non poche volte, a quasi portato i recensori a rinunciare per via delle continue difficoltà amministrative. Ci auguriamo che in futuro questi problemi siano risolti, così da far in modo che questo arduo compito risulti più facile per i recensori del domani.