Nel Palazzo della Ragione, la serata del 20 ottobre 2016, si è tenuto l’incontro Islam lectio difficilior. Il primo dibattito, condotto da Farian Sabahi, giornalista e docente universitaria specializzata sul Medio Oriente, si è basato sulla distinzione di tre concetti fondamentali: jihadismo, terrorismo e laicità. Non molti sanno che il vero significato della parola jihad è positivo: lo jihadismo infatti non è un gruppo, ma un movimento che si confonde spesso con il terrorismo, parola di origine greca che significa “governante del terrore”. Il terrorismo oggigiorno è così pericoloso perché le società tendono ad “etichettare” le persone, giudicandole seguendo pregiudizi e senza comprendere il significato delle parole che utilizzano.
I terroristi islamici spesso non provengono dai paesi del Medio Oriente, bensì dalle carceri europee, in cui adolescenti problematici incontrano chi li convince che il loro fallimento sia dovuto alle loro origini. Nella società odierna si ha un immagine sbagliata della religione islamica. “Aggressiva e violenta”. Sono questi gli aggettivi che si è soliti affibbiarle, solo perché ci sono delle persone che interpretano male i principi della fede musulmana, ideando un “Islam fai da te”.
Il terzo concetto, quello di laicità, è stato introdotto come causa o soluzione a questi problemi. La laicità infatti comporta che, nello spazio pubblico, tutti i segni siano azzerati, creando uno spazio vuoto che nella società odierna viene colmato dal mercato. Per questo motivo oggi viviamo in una società che ruota intorno al denaro.
Quindi, stabilita la differenza tra questi concetti fondamentali: ”se fra trent’anni continueremo a banalizzare la religione islamica, avremo gli stessi problemi di oggi”. Così conclude Shady Hamadi, scrittore e giornalista italo-siriano, esiliato fino al 1997 dalla Siria a causa delle sue posizioni politiche. Egli approfondisce i concetti cardine ed in seguito pone un quesito importante: possiamo vivere con l’Islam? Da 2000 anni c’è una presenza cristiana in Medio Oriente, nella maggior parte dei paesi che sono divenuti musulmani, in cui c’è un continuo dialogo tra queste due religioni. A Ma’lula, ad esempio, città della Siria, viene ancora recitato il Padre Nostro in aramaico, come usava fare Gesù. Come mai allora, nonostante ciò, la generazione odierna non mostra l’apertura al dialogo come la generazione precedente? La nostra società dovrebbe puntare alla coesistenza e non considerare la religione prima della nazionalità di qualsiasi individuo. Lo sguardo miope invece guarda solo quello che interessa, mentre si dovrebbe guardare ogni essere umano uguale al suo, indipendentemente dalle latitudini in cui abita!
-di Marta Buso, Elisa Cogo, Sharalyn Magtibay, Edoardo Nalesso, Amy Selmani