Intervista a Melissa P.
Nel secondo giorno del festival Babele a nordest alle ore 15:30 si è tenuto in sala Paladin un incontro tra due celebri scrittrici: Costanza Miriano e Melissa Panarello. Rispondendo alle domande proposte da Filippo Maria Battaglia, le due autrici hanno dialogato su una tematica molto discussa in questo periodo: la posizione della donna. Alla fine dell’incontro, il Giornale dei ragazzi ha intervistato Melissa.
GdR: Secondo lei, rispetto al passato, la vita della donna in generale è migliorata oppure no?
MELISSA: Eh beh certo che è migliorata eccome. È migliorata nonostante comunque ci sia sempre un moralismo molto forte nei confronti delle donne. Le donne sono libere di fare quello che vogliono, ciò vuol dire che le loro azioni non debbano poi essere giudicate nel momento in cui avvengono.
GdR: Secondo lei, ora come ora, le donne sono uguali agli uomini nell’ambito dei diritti?
MELISSA: Bah guarda, sui diritti, come dicevo prima, non c’è proprio una grandissima parità, se appunto pensiamo che le donne sono pagate meno nel posto di lavoro o se nel momento in cui si mettono in maternità vengono licenziate. Cose che non accadono agli uomini per esempio, se un uomo diventa padre non lo licenziano ma la madre sì, quindi non ci sono gli stessi diritti, soprattutto in campo lavorativo.
GdR: Lei è diventata scrittrice perché fin da piccola lo ha desiderato oppure perché aveva il desiderio di raccontare le esperienze che lei ha vissuto, positive e negative che fossero?
MELISSA: No, io volevo diventare scrittrice fin da quando ero piccola. Ho cominciato a scrivere a 4 anni e a quell’età ho scritto il primo libro. Poi ne ho scritti altri 8 perché era la mia vocazione.
GdR: Cosa preferiva leggere quando era giovane?
MELISSA: Da giovane leggevo molti classici, classici francesi soprattutto. Molta letteratura americana, anche contemporanea. Leggevo pochi autori italiani da ragazza, ma molti stranieri, classici o contemporanei.
GdR: Prima che iniziasse l’incontro Vittorio Sgarbi ha definito Vladimir Luxuria brutta d’aspetto ma di carattere buono e gentile. Questo è un errore che maggiormente gli uomini commettono, cioè giudicare la donna dall’aspetto e non per il carattere. Lei cosa pensa al riguardo?
MELISSA: Gli uomini dettano le proprie regole estetiche, vogliono che le donne siano in un certo modo perché piace a loro ma magari non piace alle donne. Infatti spesso le donne che piacciono a noi donne, che le guardiamo e diciamo “che bella quella lì” spesso non piacciono agli uomini poiché non corrispondono al loro gusto estetico. Tendono molto a dettare le regole su come dobbiamo
vestirci, su come dobbiamo essere, su come dobbiamo pettinarci. La moda la fa l’uomo purtroppo, se ci pensi la maggior parte degli stilisti sono uomini.
GdR: Molti uomini scelgono la propria fidanzata o moglie secondo canoni che non possono essere considerati corretti, come ad esempio la bellezza o il patrimonio. Secondo lei questo tipo di pensiero o di congettura è positiva o negativa? E come può essere modificata nel corso del tempo?
MELISSA: Mah guarda, che una persona ne scelga un’altra seguendo i propri criteri estetici ci sta, cioè non ti devi sposare con una che secondo te è un mostro perché è ricca. Ti sposi una persona perché sicuramente ti piace anche fisicamente e esteticamente. Per me non c’è niente di negativo o positivo, è semplicemente che ognuno deve seguire il proprio istinto. Se il tuo istinto ti dice di sposare una bellissima e piena di soldi sposati una bellissima e piena di soldi. Tanto la felicità tua la gestisci tu, non lei.
GdR: Secondo lei è l’uomo che ha bisogno della figura femminile o è la donna che ha bisogno della figura maschile?
MELISSA: Secondo me entrambi, ma poi bisogna vedere caso per caso. Ci sono delle donne che non lo vogliono nemmeno dipinto l’uomo e degli uomini che stanno benissimo senza donne.
GdR: Tuttora una donna bella d’aspetto e formosa di corporatura viene considerata automaticamente una “troia”. Per quanto questo concetto sia enormemente errato, secondo lei perché, sempre gli uomini, continuano ad avere e a fare queste tipo di considerazioni?
MELISSA: Perché a loro piacerebbe che fosse così, perché ovviamente se una donna è bella, loro sperano che sia anche troia, per loro è il sogno della vita. Magari a lei non frega niente, magari è lesbica. Si crede sempre le donne molto belle siano facili a letto ma non è sempre così. Io conosco donne prosperose che fanno pensare proprio a quello, ma che non lo sono affatto. Quindi è sempre un problema di pregiudizio.
-la redazione
Io sono il NordEst
Nell’ambito della rassegna Babele a Nord-Est. Idee – letteratura – confronti, domenica 23 ottobre si è parlato di Io sono il Nordest sottotitolo Voci di scrittrici per raccontare un territorio. La presentazione si è svolta nella sala Carmeli e a guidare la conversazione con le autrice era presente il famoso scrittore avvocato Romolo Bugaro che ha dialogato con Antonia Arslan e Gabriella Imperatori e con Francesca Visentin, curatrice del libro di racconti tutti dedicati a storie di donne. E’ stato bello anche ascoltare le letture delle due giovani attrici bravissime, Laura Cavinato e Federica Santinello che hanno recitato a due voci una scelta di brani. Questa antologia di scrittrici sostiene il Centro Veneto Progetti Donna. Noi non conoscevamo i racconti ma dalle letture e dalla presentazione abbiamo sentito narrare situazioni diverse, alcune tenere altre più ironiche ma tutte purtroppo con uno sfondo tragico che ci ha fatto pensare. Come spiega la curatrice, Francesca Visentin, il titolo Io sono il Nordest vuole rendere protagonista ognuna delle autrici ma anche tutte le donne di questo territorio e la loro vita intensa e significativa. Nella prefazione dell’imprenditrice Marina Salomon è scritto “questo è un libro bellissimo e non solo per il valore di ognuno dei racconti ma perché contiene tanti riferimenti alle nostre storie individuali o a ciò che sta accadendo intorno a noi. A me ha fatto bene. Leggendolo mi sono emozionata, ed è stato come se incontrassi, nei racconti, altre persone attraverso le loro piccole ma importanti storie.
-di Elisa Bazzani, Sara Fogarollo
Si mostrano discordi, poi si ritrovano
“Ciò che mi piace della letteratura, e che purtroppo tendo a riprodurre nello scrivere, è quella specie di densità feroce che si ottiene passando attraverso dei corridoi molto stretti. Se ci si lascia macinare e dar forma da questa strettoia, dall’altra parte c’è la densità giusta perché qualcosa che io leggo o scrivo mi piaccia” ci dice Elena Stancanelli. Una frase in cui si condensano tanti significati che ci fanno afferrare la sua concezione letteraria! Ritroviamo Elena nella prima giornata di Babele a Nord-Est insieme ad un altro grande ospite, lo scrittore Giorgio Vasta, in un incontro tra le diversità e somiglianze dei loro ultimi libri.
Ci troviamo nella Sala Anziani del Palazzo Moroni in presenza di Alessandro Mezzena Lona, scrittore italiano e vincitore nel 2013 del Premio Grado Giallo Mondadori, il quale ci offre oggi la possibilità di trovare un dialogo tra i romanzi di questi due scrittori. Elena Stancanelli ha avviato la sua carriera di scrittrice con un romanzo splendente intitolato Benzina, mentre Giorgio Vasta ha cominciato con la crudeltà de Il tempo materiale. Ma ciò di cui oggi ci parlano sono i libri usciti quest’anno. Si tratta di La femmina nuda e Absolutely nothing . La spontaneità e l’estroversione di Elena contro la serietà e l’introversione di Giorgio. Ma cos’hanno in comune questi romanzi? Apparentemente niente! Si parte proprio da due punti di vista diversi, che si scoprono in un secondo tempo, leggendo i libri uno vicino all’altro, a comunicare. Come? In primo luogo entrambi vivono una situazione di crisi personale. La Femmina nuda è il secondo atto di una storia che inizia a narrare tre anni prima in un altro libro e tratta di una storia d’amore tra una donna e un uomo con un passato incredibile. La protagonista non per stupidità, bensì per circostanze esistenziali, fa un passo sbagliato: la storia d’amore si incrina e comincia lo stalking verso l’altra donna di cui lui si è innamorato. Absolutely nothing invece racconta di tre uomini che organizzano un viaggio dalla California alla Louisiana alla ricerca di una serie di territori dell’America poco conosciuti, quasi “non luoghi” da cui l’uomo è stato respinto e di presenze di vite extraterrestri.
Il titolo di questo evento è “Tra spazi angusti e luoghi infiniti”. Prendiamo in esame infatti due viaggi caratterizzati da storie, spazi differenti, itinerari e soprattutto macerie, viste sia in senso reale che metaforico. Da un lato Elena che fa precipitare la protagonista nella geo-localizzazione tramite lo stalking della donna e la spoglia da riserbo e amor proprio. Non viaggia molto e dei suoi viaggi ricorda solo gli scarti, le cose minime, e sono ciò che permette di salvarci dalla mancanza di possibilità di viaggiare, che non si trovano su Google. È un personaggio che si confronta col ridicolo di sé, trascura tutto, trascorre il tempo a seguire un pallino blu nel telefono. Dall’altro lato Giorgio che ha tardato sempre di più lo scrivere sul suo ultimo viaggio. L’editore aveva cercato di contattarlo in molti modi, ma lui stava facendo perdere le sue tracce, aveva un impulso a sparire. Egli riteneva che il venir meno di certe coordinate potesse aver polverizzato in lui il desiderio di radicamento. Due personaggi particolari, due caratteri che contrastano, due libri apparentemente differenti, un unico punto di arrivo: l’instabilità e la debolezza della condizione umana!
-di Carolina Zordan
Beato chi è diverso essendo egli diverso, guai a chi è diverso essendo egli comune
È con la citazione di Sandro Penna che si può introdurre il tema della questione ebraica, argomento su cui si è sviluppato l’incontro del 18 ottobre 2016 alle 18 al cinema Porto Astra Il Giardino dei Finzi Contini di Giorgio Bassani da cui è stato tratto il film di Vittorio De Sica proiettato dopo l’intervento del critico letterario Massimo Onofri e del poeta Silvio Ramat. Lo scrittore era quasi “ossessionato” da Ferrara e ambientò i suoi romanzi all’interno della città letteraria e nei territori limitrofi o nel periodo tra il 1930 e il 1950. Nell’intervista in bianco e nero di Cesare Garboli a Bassani emerge come egli fosse solito immettere nelle proprie opere una forte energia autobiografica e psicologica; ciò spiega oltre alla larga udienza di cui godeva in Italia e non solo, anche certe piccole avversioni e antipatie che la sua opera si è procurata tra i produttori di lettura piuttosto che tra i consumatori dato che non si perdona volentieri a un artista di essere uomo due volte: una in carne e ossa e una nelle sue opere”. Massimo Onofri durante il suo intervento affianca Bassani ad altre figure letterarie contemporanee creando delle biografie parallele, soffermandosi in particolare sulla coppia di scrittori Bassani-Natalia Ginzburg entrambi nati nel 1916 e accomunati dalla pubblicazione dei loro romanzi Il giardino dei Finzi Contini e Lessico famigliare avvenuta a un anno di distanza (1962-1963). Il romanzo della scrittrice si ricollega alla questione ebraica perché simboleggia la dichiarazione degli ebrei di essere come qualsiasi cittadino italiano, di non aver nulla di diverso. Proprio Natalia Ginzburg patì la morte del marito a causa delle atroci conseguenze della persecuzione nazifascista. Inoltre impedì la pubblicazione da parte di Einaudi di Se questo è un uomo di Primo Levi perché considerava la questione ebraica sottovalutata e collocata sotto la stella delle eccezionalità. Silvio Ramat invece continua il discorso attualizzando un altro romanzo di Bassani Gli occhiali d’oro il cui protagonista, omosessuale ed ebreo, è diverso al quadrato. In questo romanzo in particolare il “rapporto” tra scrittore e personaggi è descritto come una simbiosi totale. Entrambi i critici concludono l’intervento raccontando ricordi personali di Bassani; in particolare Onofri rammenta di quando l’autore, ormai già colpito dalla malattia che gli stava facendo progressivamente perdere la memoria, si presentò in redazione del settimanale “Il Diario”, dove al tempo Massimo lavorava, per prendere una copia e leggere l’articolo che Onofri stesso aveva scritto per onorare l’autore che ammirava e che aveva conosciuto l’offesa mortale delle leggi razziali, gli insulti teppistici del gruppo 63, la ferita della malattia e la lotta famigliare per l’eredità.
-di Martina Daniele
L’Islam fai da te
Nel Palazzo della Ragione, la serata del 20 ottobre 2016, si è tenuto l’incontro Islam lectio difficilior. Il primo dibattito, condotto da Farian Sabahi, giornalista e docente universitaria specializzata sul Medio Oriente, si è basato sulla distinzione di tre concetti fondamentali: jihadismo, terrorismo e laicità. Non molti sanno che il vero significato della parola jihad è positivo: lo jihadismo infatti non è un gruppo, ma un movimento che si confonde spesso con il terrorismo, parola di origine greca che significa “governante del terrore”. Il terrorismo oggigiorno è così pericoloso perché le società tendono ad “etichettare” le persone, giudicandole seguendo pregiudizi e senza comprendere il significato delle parole che utilizzano.
I terroristi islamici spesso non provengono dai paesi del Medio Oriente, bensì dalle carceri europee, in cui adolescenti problematici incontrano chi li convince che il loro fallimento sia dovuto alle loro origini. Nella società odierna si ha un immagine sbagliata della religione islamica. “Aggressiva e violenta”. Sono questi gli aggettivi che si è soliti affibbiarle, solo perché ci sono delle persone che interpretano male i principi della fede musulmana, ideando un “Islam fai da te”.
Il terzo concetto, quello di laicità, è stato introdotto come causa o soluzione a questi problemi. La laicità infatti comporta che, nello spazio pubblico, tutti i segni siano azzerati, creando uno spazio vuoto che nella società odierna viene colmato dal mercato. Per questo motivo oggi viviamo in una società che ruota intorno al denaro.
Quindi, stabilita la differenza tra questi concetti fondamentali: ”se fra trent’anni continueremo a banalizzare la religione islamica, avremo gli stessi problemi di oggi”. Così conclude Shady Hamadi, scrittore e giornalista italo-siriano, esiliato fino al 1997 dalla Siria a causa delle sue posizioni politiche. Egli approfondisce i concetti cardine ed in seguito pone un quesito importante: possiamo vivere con l’Islam? Da 2000 anni c’è una presenza cristiana in Medio Oriente, nella maggior parte dei paesi che sono divenuti musulmani, in cui c’è un continuo dialogo tra queste due religioni. A Ma’lula, ad esempio, città della Siria, viene ancora recitato il Padre Nostro in aramaico, come usava fare Gesù. Come mai allora, nonostante ciò, la generazione odierna non mostra l’apertura al dialogo come la generazione precedente? La nostra società dovrebbe puntare alla coesistenza e non considerare la religione prima della nazionalità di qualsiasi individuo. Lo sguardo miope invece guarda solo quello che interessa, mentre si dovrebbe guardare ogni essere umano uguale al suo, indipendentemente dalle latitudini in cui abita!
-di Marta Buso, Elisa Cogo, Sharalyn Magtibay, Edoardo Nalesso, Amy Selmani
Nel cuore dell’arte – “A giotto non serve l’Unesco ma all’Unesco serve Giotto”
Questa è la critica con cui Vittorio Sgarbi, giovedì 20 ottobre, inizia ad attirare il suo pubblico fremente. Definisce questa ONLUS “un insieme di parassiti, un ente dannoso che si permette di fare una selezione”. Con il suo spirito patriottico afferma indignato che Padova è una delle capitali principali dell’arte e che l’UNESCO non comprende il suo valore e la sua importanza.
La Basilica del Santo (Sant’Antonio) e la Cappella degli Scrovegni, sono opere magnifiche nei minimi dettagli, che altre città, pur essendo patrimonio dell’UNESCO, possono solo immaginare. Il celebre artista che pitturò la Cappella degli Scrovegni è l’argomento della conferenza di Sgarbi.
Il fiorentino Giotto, come spiega Sgarbi, compì una rivoluzione nell’arte del Trecento, introducendo insieme a Cavallini la pittura Moderna. Giotto riportò naturalezza riprendendo i modelli classici e mettendo in secondo piano la pittura bizantina. Alla scuola riminense questo pittore era visto come Picasso, un rivoluzionario che mise da parte la “rozzezza” dei Greci. Il compito assegnato a Giotto nel 1303 di dipingere la Cappella degli Scrovegni, fu richiesto dal figlio dell’usuraio Scrovegni, per far perdonare alcune colpe del padre. Vittorio Sgarbi descrive Giotto con una citazione del celebre poeta Dante Alighieri: “poca favilla, gran fiamma seconda” cioè, un grande incendio spesso fa seguito ad una piccola scintilla. Una descrizione unica che solo quest’ormai famosissimo critico d’arte avrebbe potuto conferire.
Parlando di Giotto, uno dei quadri sul quale si è più soffermata la sua attenzione è stato “L’incontro di Anna e Gioacchino alla porta d’Oro” perché oltre a descriverlo nei minimi particolari, ha fatto notare al suo pubblico il dettaglio della vedova: una donna completamente vestita di nero e con il viso coperto per metà. Questo sta appunto a significare che con la morte del marito ha anche perso metà del suo viso. È stato un incontro ricco di pensieri che riescono ad aprirti la mente su piccolissimi dettagli che a prima vista possono sfuggire. È stata una grande soddisfazione vedere tutta la sala del Palazzo della Ragione piena, per approfondire un argomento a noi padovani molto caro di cui dovremmo vantarci.
-la redazione
Uno sguardo su Babele
Dal 18 al 23 ottobre noi ragazzi della 3°G dell’Istituto Scalcerle abbiamo partecipato al progetto Babele, un’iniziativa promossa dal Comune di Padova che ci ha consentito di fare esperienze nuove nel campo del giornalismo e della cultura. Ogni giorno dopo la scuola ci siamo recati in centro a Padova sotto la Torre dell’Orologio di Piazza dei Signori, in sala Nassirya per organizzarci e sguinzagliarci tra i vari eventi e spettacoli sparsi per la città.
Si è trattata di un’esperienza interessante che ci ha fatto capire quanto sia differente il mondo del lavoro dal mondo di uno studente; molti gli aspetti positivi: infatti abbiamo visitato luoghi della nostra città che prima sentivamo nominare solo dai turisti che ci chiedevano informazioni, come gruppo abbiamo imparato a lavorare con altre persone e ad arrivare a compromessi, inoltre questa attività ci ha permesso di confrontarci con persone più grandi di noi e a comunicare con loro. Ci sono stati anche aspetti negativi; ad esempio durante alcune conferenze siamo stati costretti a fare rifornimento di pocket coffee per non crollare dalla noia; la redazione, la nostra base, era sfornita di computer e questo ha reso no stop il nostro “lavoro” da giornalisti visto che, arrivati a casa, dovevamo trascrivere gli articoli cartacei sul computer. Inoltre alcuni ospiti di Vittorio Sgarbi, curatore del Festival, si sono rivelati scontrosi nei nostri confronti e quello che ci ha sorpresi di più è stato proprio il comportamento del famoso critico d’arte: da un lato ci ha entusiasmati con la sua eloquenza e la sua profonda conoscenza delle opere d’arte che vanta la nostra città, dall’altro ci ha
spiacevolmente sorpresi per i modi poco cortesi con cui si è rivolto ad alcune persone e anche a noi.
Babele è stata un’esperienza molto bella e formativa, che ci ha insegnato a lavorare in gruppo e ci ha consentito di migliorare il nostro modo di rapportarci nell’ambito lavorativo. E’ stato bello, è stato interessante anche se non tutto era alla nostra portata. Gli argomenti erano destinati ad una fascia di popolazione troppo ristretta e i giovani non erano certo il pubblico privilegiato! Inoltre gli eventi erano troppo ravvicinati, difficile seguire tutto con attenzione. Ma conoscere la nostra città, i personaggi illustri che la abitano, imparare ad ascoltare e a farci avanti è stato importante così come imparare a lavorare in gruppo e a muoverci autonomamente e con disinvoltura. A nostro giudizio però gli approfondimenti sull’Islam, tema principale degli incontri, non sono stati debitamente valorizzati e a volte ci è parso che le conferenze fossero solo un pretesto per mettere in mostra qualche vip o Sgarbi stesso. La prossima volta sarebbe davvero carino da parte dei professori non riempirci di compiti appena rientrati da questa settimana di duro lavoro giornalistico!
Il Giornale dei Ragazzi a Padova per Babele a Nord-Est
Il Giornale dei Ragazzi approda a Padova, in occasione della prima edizione del Festival diretto da Vittorio Sgarbi. Le “chiavi” della redazione saranno affidate a tre classi, la 3G dell’Istituto Scalcerle e due classi di 4a dell’Istituto Tecnico Commerciale Calvi. In totale una settantina di nuovi giornalisti pronti ad esplorare i temi di Babele a Nord-Est.