Elif Shafak apre Bookcity (e le menti)
Solo il potere delle donne può abbattere le barriere, solo l’unione femminile può sfidare l’isolamento dei regimi.
La quinta edizione di Bookcity si è aperta all’insegna del cosmopolitismo in rosa, con una scrittrice, Elif Shafak, che viene da un Paese, la Turchia, che sta vivendo una fase di arretramento democratico. L’autrice di Tre figlie di Eva, intervistata dalla giornalista israeliana Rula Jebrael, è stata accolta al teatro Dal Verme da un grande pubblico, che ha assistito con entusiasmo al dono delle chiavi della città da parte del sindaco di Milano.
“Ho molte case – ha detto Elif Shafak -, Uk, Turchia e da questa sera anche Milano. Non si può rimanere bloccati all’interno di una sola identità perché la natura umana è fluida come l’acqua”. E la sua identità non è certo univoca, ma si è modellata durante i suoi molti viaggi e la sua vita itinerante. Molti, però, ad esempio gli estremisti, ritengono che l’identità sia una e una sola e ciò, ha ricordato l’autrice, alimenta gli stereotipi. “Sembra che il mondo stia regredendo, fino a ritornare al tribalismo.” Si stanno diffondendo i nazionalismi, la xenofobia e l’isolazionismo. “Se vuoi rendere qualcuno arido dentro, devi solo isolarlo, cosa valida sia per le persone, sia per i Paesi e le culture”. Un Paese che costruisce muri fisici e ideologici non ottiene sicurezza (è solo un’illusione) ed impedisce gli scambi culturali e questo non è accettabile in un “mondo talmente globalizzato da non poter tornare indietro”. Proprio questa comunanza mondiale dovrebbe portare ad una collaborazione per difendere i valori democratici nella comprensione della diversità, non nell’uguaglianza, che è solo un’illusione. È normale avere paura e ansia, ma “i politici non sono mai riusciti a gestire le emozioni del popolo”. Il popolo della Turchia, condizionato dai cambiamenti e dall’incertezza, – ha detto la scrittrice – non è come i suoi politici, ma porta una speranza di democrazia. Soprattutto sono impegnate le donne turche, che oggi si ritrovano senza diritti e sempre più vittime di violenze, delle quali i politici sia non si occupano. Anzi, chiamano ancora delitti d’onore i femminicidi e si schierano contro le donne, dicendo loro di comportarsi da “brave” musulmane. ”Tutti coloro che nel mondo sono interessati ai valori democratici dovrebbero dare il loro contributo per difenderli”. Oggi in Turchia, dopo il tentato golpe di luglio, le libertà di stampa e parola non ci sono più e molti intellettuali sono stati incarcerati, anche solo per un verso o un tweet ed è a questo punto che la scrittrice, interrompendo il discorso, chiede a gran voce la loro liberazione. “La Turchia non ha bisogno di altri colpi di Stato, ma di democrazia”. Il problema non è solo turco, dichiara l’autrice, ma sono a rischio valori fondamentali anche in Ungheria e Polonia, dove i regimi antidemocratici si servono di mezzi democratici per andare al potere e poi li aboliscono. “Io ho vissuto in Gran Bretagna sia prima che durante il referendum e ho visto che l’apertura al mondo è stata usata per mettere paura agli elettori. Una volta, mentre guidavo, ho visto un cartello su cui era scritto «Arrivano i turchi! Usciamo dall’Unione Europea prima che ci invadano» e sono rimasta stupefatta. La Turchia è stata un impero multiculturale, ma non ha saputo apprezzare il suo cosmopolitismo. Bisogna prestare attenzione all’evoluzione della Brexit, perché non commetta lo stesso errore della Turchia.”
L’Oriente e l’Occidente, guardando sia al passato che al presente, si possono incontrare, non solo ad Istanbul – come ricorda la scrittrice nel romanzo “La bastarda di Istanbul” – ma anche nel resto del mondo.