La perdita del pensiero critico
Intervista a Ernesto Ferrero, direttore editoriale del Salone Internazionale del Libro di Torino
In un momento come questo e all’interno della società attuale, nella quale meno si pensa meglio è, ritiene che la promozione della letteratura e della cultura possa essere funzionale a preservare e ad incentivare il pensiero critico?
Questo è proprio il discorso che farò tra poco alla Premiazione in Palazzo Vecchio. Il problema è esattamente questo: mi sembra che viviamo in un’epoca in cui l’esercizio del pensiero critico e in generale della conoscenza non è molto pregiato. Siamo appiattiti in un presente precario, confuso e affannato, prigioniero di se stesso. Anche l’esercizio della memoria, non nostalgica ma critica, funzionale a cavar fuori dal passato elementi che servono alle generazioni di oggi, non è intrapreso neanche nelle scuole. Il passato è tutto messo sullo stesso piano, la Prima Guerra Mondiale così come i Faraoni..questo è uno dei tanti aspetti del problema. La stessa narrativa ci propone dei modelli di intrattenimento, spesso anche molto buoni. Per carità, questo va benissimo, ma come tutte le diete non possiamo solo nutrirci di intrattenimento. È ovvio che la lettura di un certo genere richieda un minimo di fatica, ma poco tempo fa riflettevo che nel campo della nostra corporalità siamo tutti disposti a sforzarci, facendo sacrifici per il nostro fisico, andando in palestra, facendo jogging, fatica che è considerata sana e produttiva. La stessa fatica applicata alla lettura invece no. Ci sono ricerche che dimostrano che la lettura è fondamentale nello sviluppo dei circuiti neuronali dei bambini e nel ritardo del degrado neuronale degli anziani. La lettura dovrebbe essere gestita dal Ministero della Sanità! La cosa curiosa è appunto questo rifiuto di una lettura critica preferendo generi che confermano quello che già sappiamo. Quindi iniziative come questa vanno nella direzione giusta, ma purtroppo non bastano. Noi, al Salone Internazionale del Libro di Torino, abbiamo investito molto sui bambini. C’è un bellissimo progetto che si chiama “Nati per leggere” che mette insieme bibliotecari e pediatri proprio per incentivare le famiglie e dire “Leggete ai vostri figli!”. Per quanto riguarda i genitori siamo sempre intorno al problema “Chi educherà gli educatori?”. Chi educherà i genitori ad essere genitori consapevoli che non possono cavarsela solo regalando telefonini e dando una paghetta? Poi ci lamentiamo se i ragazzi, non tutti ovviamente, sono quello che sono.. certo, se non investiamo niente su di loro!
Lei è Direttore editoriale del Salone Internazionale del Libro di Torino dal 1998: in questi anni ha potuto notare cambiamenti nella risposta del pubblico, in particolare nel periodo di crisi economica?
Come succede spesso in situazioni storiche come quella che stiamo vivendo si è creata una forbice: da una parte c’è un’elite sempre più preparata e avvertita, dall’altra c’è una massa brancolante nel nulla. A Torino c’è invece una specie di mistero gaudioso perché ogni anno noi registriamo un numero incredibile di affluenze, come duecentosettantamila passaggi, un pubblico di una competenza e di una sensibilità pazzesche! Le cito l’ultimo caso: il lunedì pomeriggio di quest’anno erano presenti trecentocinquanta persone ad ascoltare una lezione sulla matematica degli Arabi. Il paradosso italiano è che i lettori “forti” italiani sono più forti dei lettori “forti” degli altri paesi. Bisogna allargare questo cerchio di eventi perchè il pubblico risponde, ma manca un segnale forte dal paese.
Secondo lei quale innovazioni si potrebbero applicare al Premio Gregor Von Rezzori, che già è molto prestigioso, per renderlo ancor più conosciuto e partecipato?
Quello che ha fatto quest’anno, cioè coinvolgere i giovani. E per fare questo la giuria deve stare attenta a scegliere dei libri che siano capaci di coinvolgere ed interessare. È un discorso difficile da fare perchè si tratta di unire la sensibilità di chi sceglie e la sensibilità dei ragazzi, che la maggior parte delle volte è molto diversa, come è ovvio che sia. A proposito di questo c’è molto da riflettere.